1. Il nuovo regime di adempimento collaborativo: introduzione
Il nuovo regime di adempimento collaborativo fra l'Agenzia delle entrate e le grandi imprese è stato introdotto dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti e favorire, nel comune interesse, la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale.
L'ammissione al regime è riservata a soggetti dotati di specifici requisiti soggettivi ed oggettivi. L'adesione ad esso garantisce significativi vantaggi, producendo una sostanziale modificazione nelle modalità di interazione tra amministrazione fiscale e impresa.
2. I requisiti soggettivi ed oggettivi necessari all'ammissione
2.1 I requisiti soggettivi
L'art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 128/2015 stabilisce che, in fase di prima applicazione il regime è riservato ai contribuenti di maggiori dimensioni, che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro e, comunque, ai contribuenti che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo di cui all'invito pubblico del 25 giugno 2013, pubblicato sul sito ufficiale dell'Agenzia delle entrate, dotati di un sistema di controllo interno per la gestione del rischio fiscale e che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro.
Successivamente con proprio Provvedimento n. 54237/2016 del 14 aprile 2016, avente ad oggetto "Disposizioni concernenti i requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 128" il direttore dell'Agenzia delle entrate ha ulteriormente precisato che in fase di prima applicazione, possono presentare domanda di adesione al regime di adempimento collaborativo esclusivamente:
i soggetti residenti e non residenti che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro (par. 2.1 del Provvedimento n. 54237/2016);
i soggetti residenti e non residenti che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota (par. 2.1 del Provvedimento n. 54237/2016);
le imprese che intendono dare esecuzione alla risposta dell'Agenzia delle Entrate, fornita a seguito di istanza di interpello sui nuovi investimenti, di cui all'art. 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, indipendentemente dal volume di affari o di ricavi (par. 2.1 del Provvedimento n. 54237/2016);
l'impresa residente o non residente con stabile organizzazione nel territorio dello Stato che svolga, nei confronti dei soggetti sub a) e b), funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale, ove la sua inclusione sia ritenuta necessaria ai fini di una completa rappresentazione dei processi aziendali (par. 2.5 del Provvedimento n. 54237/2016);
i soggetti che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro soggetti a funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale da parte di impresa, anche non in possesso dei requisiti dimensionali, che abbia presentato domanda per il Progetto Pilota (par. 2.6 del Provvedimento n. 54237/2016)
i soggetti residenti e non residenti con un volume di affari o di ricavi inferiore a un miliardo di euro, che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota e che svolgano funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale nei confronti dei soggetti sub e) ammessi al regime (par. 2.6 del Provvedimento n. 54237/2016).
Nell'ambito del Provvedimento n. 54237/2016 è stato specificato che i contribuenti non residenti devono avere una stabile organizzazione in Italia ed è stato inoltre chiarito che, nelle ipotesi di avvenuta presentazione dell'istanza di interpello sui nuovi investimenti, l'accesso all'istituto dell'adempimento collaborativo è riservato alla struttura deputata ad effettuare l'investimento sul territorio dello Stato, sia essa una impresa residente o una stabile organizzazione del soggetto non residente
Con la circolare 38/e del 16 settembre 2016, l'Agenzia ha ulteriormente chiarito che per "funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale" si intende la sussistenza di una relazione organizzativa in forza della quale un soggetto ha il potere di emanare direttive in ordine alle linee di indirizzo del sistema di controllo interno, verificando che esso sia coerente con gli indirizzi strategici e la propensione al rischio dell'impresa, e coordinare l'attuazione delle citate direttive. Tale soggetto può anche essere diverso da quello che definisce e approva gli indirizzi strategici; in tali ipotesi, l'ingresso "per trascinamento" nel regime riguarderà sia il primo che il secondo soggetto.
Ai sensi dei punti 2.5 e 2.6 del provvedimento n. 54237/2016, l'ingresso per "trascinamento" è consentito al fine di avere una completa rappresentazione dei processi aziendali e del sistema di controllo; esso riguarda tutti soggetti che svolgono "funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale" a prescindere dal fatto che abbiano presentato o meno domanda per il progetto pilota. Nel caso specifico, ai sensi del punto 2.6, se la società che svolge funzioni di indirizzo come sopra definite, anche diversa dalla holding, ha presentato domanda per il progetto pilota e non possiede i requisiti dimensionali, le società appartenenti al medesimo gruppo avranno accesso al regime con il limite dimensionale del miliardo e potranno a loro volta far entrare per "trascinamento" la società che ha presentato domanda (Circolare 38/E, 1.2).
Ancora la Circolare 38/E ha inoltre chiarito che nonostante il punto 2.5 non richiami espressamente la lettera c) del punto 2.1, si ritiene, per motivi di coerenza, che anche i soggetti che accedono al regime mediante la procedura dell'interpello sui nuovi investimenti possano domandare e ottenere l'ingresso per trascinamento dei soggetti che svolgano nei loro confronti funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale a patto che la richiesta riguardi un soggetto residente ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di un soggetto non residente e risponda all'esigenza, declinata al punto 2.5 del provvedimento n. 54237/2016, di fornire all'amministrazione finanziaria un sistema di controllo del rischio fiscale idoneo al conseguimento delle finalità di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto (Circolare 38/E, 1.4).
L'art. 7, comma 4, lett. b) del D.Lgs. n. 128/2015 ha stabilito che entro il 31 dicembre 2016, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sarebbe stato fissato il termine finale della fase di prima applicazione del regime. E' stato pertanto emanato il d.m. 30 dicembre 2016 che, all'art. 1, ha fissato al 31 dicembre 2019 la data di termine della prima fase di applicazione. Con l'art. 1 del D.M. 30 marzo 2020 è stato stabilito che per gli anni 2020 e 2021, anche tutti i contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi inferiore a dieci, ma non a cinque miliardi di euro sono ammessi al regime di adempimento collaborativo di cui agli articoli da 3 a 7 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n.128.
2.2 I requisiti oggettivi: il tax control framework
L'art. 4 del D.Lgs. n. 128/2015 stabilisce che il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato, nel rispetto della sua autonomia di scelta delle soluzioni organizzative più adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi, di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. tax control framework), inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno, ove per rischio fiscale si intende il rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario (Art. 3 D.Lgs. n. 128/2015)
Fermo il fedele e tempestivo adempimento degli obblighi tributari, a norma del citato art. 4, il sistema deve assicurare:
a) una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell'organizzazione dei contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
b) efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
c) efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive.
Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale deve inoltre prevedere, con cadenza almeno annuale, l'invio di una relazione agli organi di gestione per l'esame e le valutazioni conseguenti. La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate.
Il Provvedimento n. 54237/2016 del direttore dell'Agenzia delle Entrate ha ulteriormente specificato (par. 3.3) che il sistema deve garantire la promozione di una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e l'affidabilità, nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali. A tali fini il sistema deve presentare i requisiti essenziali di seguito descritti.
a) Strategia fiscale
Il sistema deve contenere una chiara e documentata strategia fiscale (tax strategy) nella quale siano evidenziati gli obiettivi dei vertici aziendali in relazione alla variabile fiscale. La strategia deve riflettere la propensione al rischio della impresa (tax risk appetite), il grado di coinvolgimento dei vertici aziendali nelle decisioni di pianificazione fiscale e gli obiettivi che l'impresa si pone in relazione ai processi di gestione del rischio fiscale.
La circolare 38/E, parzialmente rinviando ai contenuti delle recenti Guidelines 2016 dell'OCSE contenute nel documento "Building better tax control framework", ha chiarito (par. 2.1) che la tax strategy è un documento scritto e firmato dagli amministratori di vertice della società contenente un piano di azione di lungo periodo che, sia a livello strategico sia a livello operativo, definisce gli obiettivi della società nella gestione della variabile fiscale. La strategia fiscale deve riflettere innanzitutto la propensione al rischio fiscale dell'impresa ovvero il livello di rischio fiscale che il contribuente intende assumere per il perseguimento dei suoi obiettivi strategici, che si manifesta nella sua disponibilità ad adottare comportamenti che potrebbero comportare contestazioni di natura fiscale.
La strategia fiscale include i percorsi operativi da seguire al fine di posizionare la società sui livelli di rischio prescelti. Ad esempio, la descrizione dei meccanismi di incentivazione concessi ai manager di vertice rispetto alla variabile fiscale, l'adozione di procedure dettagliate a presidio dei rischi fiscali con l'individuazione di ruoli e responsabilità e, ovviamente, l'approccio nei confronti dell'Amministrazione finanziaria (impegno alla trasparenza, utilizzo di strumenti quali ruling, interpelli, predisposizione di oneri documentali in materia di prezzi di trasferimento).
Inoltre la strategia fiscale dovrebbe ricomprendere anche la definizione in chiave pratica del cosiddetto principio del Tone at the top e la descrizione dei cosiddetti soft controls. Trattasi, ad esempio, di codici condotta inerenti l'ambito fiscale, piani di formazione rivolti ai dipendenti, impegno della direzione ad un comportamento fiscalmente corretto, eventuali sanzioni per chi viola le regole del codice di condotta, competenze del personale addetto ai controlli.
A tale riguardo, per assicurare una piena consapevolezza del top management sulla gestione del rischio fiscale la circolare suggerisce un pieno coinvolgimento del responsabile della funzione fiscale nella redazione e presentazione agli Organi di Gestione della relazione annuale prevista dall'art. 4, comma 2, del decreto.
Nel caso di società il cui sistema di controllo del rischio fiscale è definito e implementato dalla casa madre non residente, in sede di presentazione di istanza di ammissione al regime deve essere prodotta anche la strategia fiscale del gruppo se questa ha riflessi nei confronti della subsidiary italiana.
b) Ruoli e responsabilità
Il sistema deve assicurare una chiara attribuzione di ruoli a persone con adeguate competenze ed esperienze, secondo criteri di separazione dei compiti. Il sistema deve altresì esplicitare le responsabilità connesse ai ruoli in relazione ai processi di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e garantire il rispetto delle procedure a tutti i livelli aziendali.
In particolare, per quanto concerne la separazione dei compiti, la circolare 38/E dell'Agenzia delle entrate, al par. 2.3, ha precisato che secondo il documento emesso dal Committee of Sponsoring of the Treadway Commission, noto come COSO Framework, la separazione dei compiti consiste nel ripartire compiti e responsabilità tra gli operatori che intervengono nel medesimo processo allo scopo di evitare una eccessiva concentrazione degli stessi, riducendo così la probabilità che si verifichino errori o comportamenti inappropriati o fraudolenti, grazie al controllo che ogni soggetto interessato dal processo può esercitare sull'operato degli altri soggetti coinvolti. La segregazione di compiti e responsabilità è attuata in relazione alla natura delle attività, nonché al grado e alla tipologia di rischio associato all'attività medesima, evitando inefficienze organizzative. Come accennato, l'applicazione pratica di tale principio dipende, infatti, anche dalle risorse, umane e materiali, di cui l'impresa dispone. In tale ottica, in assenza di risorse idonee a garantire un'adeguata ripartizione dei compiti nell'ambito delle diverse linee di controllo, potranno essere definiti e attuati idonei controlli compensativi, anche esterni, volti a ridurre ad un livello accettabile il rischio generato dalla mancata segregazione. In senso verticale, il principio di separazione dei compiti si risolve nell'esigenza di assicurare la necessaria separatezza tra le funzioni operative e quelle di controllo, al fine di evitare conflitti di interessi (vedi anche circolare Banca d'Italia n. 285 del 17 dicembre 2013)
Tale principio trova una esemplificazione pratica nelle procedure di gestione dei rischi previste dai sistemi di misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale che prevedono tre diverse linee di controllo:
- controllo di primo livello, o "controllo di linea", diretto a verificare l'applicazione dei processi e delle procedure aziendali nell'ottica della completa aderenza alle norme fiscali applicabili. Tale controllo è attuato dalle funzioni operative relativamente ai processi e alle procedure di loro pertinenza e quindi, oltre che dalle funzioni di business o organizzative, dalla funzione fiscale con specifico riguardo agli adempimenti tributari di propria competenza e all'attività di consulenza da essa svolta nei confronti delle altre unità operative della società;
- controllo di secondo livello, diretto alla valutazione dell'efficacia e dell'effettività dei controlli di primo livello; concorre al processo di identificazione, misurazione e gestione del rischio fiscale. Tale controllo è demandato ad una funzione che assicuri un elevato grado di indipendenza rispetto a quelle che effettuano il controllo di primo livello.
A mero titolo esemplificativo, l'esecuzione di tali attività può essere affidata ad una unità fornita di specifiche competenze fiscali, appartenente alla funzione di compliance, (come già accade, ad esempio, nel settore bancario in adozione del modello tracciato nella Circolare n. 285 della Banca d'Italia) o a una unità inserita nella funzione fiscale, ma "segregata", sotto il profilo organico e funzionale, da quelle cui sono demandati gli adempimenti e la consulenza in materia fiscale. In aggiunta, a seconda dei casi, potranno essere previsti specifici organismi aziendali, quali ad esempio comitati rischi di natura endo-consiliare o manageriale o altri organi analoghi, nel cui ambito siano individuabili competenze specialistiche in materia fiscale. All'interno di tali organismi è consigliabile la partecipazione del responsabile della funzione fiscale;
- controllo di terzo livello, svolto da una funzione interna o da un ente esterno, ha l'obiettivo di valutare periodicamente l'adeguatezza del sistema di controllo dei rischi in generale e quindi, nello specifico anche di quelli fiscali, in termini di disegno ed effettivo funzionamento, attraverso valutazioni indipendenti. Le valutazioni espresse dalla funzione di controllo di terzo livello rappresentano un contributo qualitativo professionale sull'affidabilità del sistema nel suo complesso.
La stessa circolare 38/E chiarisce subito dopo che l'esemplificazione pratica appena declinata non costituisce un modello vincolante per le imprese che intendono aderire al regime di adempimento collaborativo. L'adeguatezza delle procedure di controllo in concreto adottate dai singoli contribuenti verrà infatti valutata, caso per caso, anche in sede di eventuale pre-filing, ossia di incontri preliminari che possono essere richiesti dal contribuente con le competenti strutture dell'Agenzia delle Entrate prima della presentazione formale della domanda di ammissione, allo scopo di ottenere chiarimenti in merito alla procedura di ammissione, ai requisiti di cui l'impresa deve dimostrare il possesso, agli adempimenti che le vengono richiesti una volta ammessa al regime ed ai benefici cui l'ingresso nel regime dà accesso.
Dal punto di vista operativo, aggiunge ancora la circolare 38/E dell'Agenzia delle Entrate (par. 2.3), nel rispetto del già citato principio della "separatezza" delle funzioni operative dalle funzioni di controllo, per separazione dei compiti non si intende "segregazione" delle funzioni di business dalla funzione fiscale. Anzi, a tal proposito è necessario un pieno e costante coinvolgimento della funzione fiscale a monte delle decisioni di business, favorendo un'interazione critica per l'assunzione di decisioni consapevoli in relazione ad ogni aspetto della vita aziendale suscettibile di interessare la variabile fiscale.
Tale coinvolgimento è assicurato in presenza di processi che prevedano la tempestiva partecipazione istituzionale del responsabile della funzione fiscale (o di suoi delegati, sotto la sua responsabilità) ai comitati in cui sono valutate o decise le operazioni e i progetti rilevanti relativi alla società e/o al gruppo di appartenenza, ferma restando l'evidente possibilità di calibrare tali partecipazioni e processi in base al criterio di proporzionalità e al tipo di attività svolta.
Quanto al tema dell'indipendenza delle funzioni aziendali di controllo, la circolare 38/E (par. 2.3) puntualizza che essa sussiste in tanto in quanto le funzioni in argomento dispongano dell'autorità, delle risorse e delle competenze necessarie per lo svolgimento dei loro compiti. Il personale preposto alle diverse attività deve essere adeguato per numero, esperienza, competenze tecnico-professionali e aggiornamento.
Ancora la circolare reputa inoltre auspicabile che i responsabili delle funzioni di controllo in materia fiscale siano collocati in posizione gerarchico-funzionale adeguata e abbiano accesso diretto (se presente, unitamente alla funzione di compliance) agli organi sociali, comunicando con essi senza restrizioni o intermediazioni. Anche tale aspetto – aggiunge il documento di prassi – potrà essere valutato in sede di istruttoria nell'ambito delle verifiche relative alla sussistenza di un'organizzazione interna idonea ad assicurare il corretto funzionamento del regime di adempimento collaborativo.
c) Procedure
Il sistema deve prevedere efficaci procedure per lo svolgimento delle seguenti attività:
- rilevazione del rischio: mappatura dei rischi fiscali associati ai processi
aziendali;
- misurazione del rischio: determinazione dell'entità dei rischi fiscali in
termini quantitativi e qualitativi;
- gestione e controllo del rischio: definizione e attuazione dell'azione o
dell'insieme di azioni finalizzate a presidiare i rischi e prevenire il
verificarsi degli eventi.
Secondo quanto indicato dalla circolare 38/E dell'Agenzia delle Entrate (par. 3.4), la mappa dei rischi (di seguito anche "mappa") deve evidenziare tutti i rischi fiscali associati ad ogni processo aziendale, intendendo per tale un insieme di attività interdipendenti svolte per raggiungere un determinato obiettivo. Un'attività è una parte di un processo che non è utile scomporre ulteriormente ai fini della mappatura dei rischi. La mappa è quindi normalmente redatta per processo aziendale e per ogni attività di cui questo si compone, ne evidenzia gli eventuali rischi, la rilevanza degli stessi ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali, nonché i controlli posti a presidio degli stessi. Le specifiche operazioni saranno valutate nell'ambito delle interlocuzioni, costanti e preventive, conseguenti all'accesso al regime.
Si ritiene infine che la mappa debba includere anche il valore economico delle attività in cui si scompone il processo, ove quantificabile, ed evidenziare il rischio c.d. "inerente" e l'eventuale rischio c.d. "residuale". Per rischio inerente si intende il rischio che, indipendentemente dai presidi adottati, è connesso ai processi aziendali dell'impresa. Per rischio residuale si intende il rischio che residua nonostante i presidi adottati.
Posta la difficoltà di individuare a priori dei criteri generali per la determinazione di tale valore economico, gli stessi potranno essere adeguatamente valutati caso per caso, anche in sede di eventuale pre-filing, tenendo conto delle peculiarità di ogni singola impresa.
La mappatura dei rischi fiscali deve essere effettuata seguendo un approccio ex ante. In tale ottica la mappa deve riportare l'indicazione dei rischi fiscali, potenziali e attuali, associati ai processi e alle attività aziendali, conosciuti o conoscibili al momento dell'implementazione del sistema e ritenuti in grado di inficiare la corretta operatività fiscale dell'impresa, presente o futura. La mappa non include i rischi fiscali relativi ad attività, operazioni o eventi aziendali, posti in essere o verificatisi prima dell'ingresso nel regime.
È facoltà del contribuente comunicare rischi inerenti ad attività, operazioni o eventi aziendali posti in essere o verificatesi in periodi di imposta precedenti a quello di ingresso al regime, i cui effetti si producano anche nei periodi di imposta oggetto di applicazione del regime. Sulle fattispecie di rischio relative agli esercizi precedenti l'ingresso al regime, non comunicate nel corso delle interlocuzioni preventive, il contribuente non potrà beneficiare degli effetti di cui all'articolo 6 del D.Lgs. n. 128/2015, derivanti dall'adesione al regime.
Secondo quanto chiarito ancora dalla circolare 38/E (par. 2.7), i parametri attesi per la valutazione quantitativa delle fattispecie di rischio, astrattamente individuate, devono basarsi sulla ponderazione di diversi fattori in ragione delle peculiarità delle singole imprese, anche sulla base dei criteri e delle metodologie già utilizzati nell'ambito degli esistenti sistemi di controllo. L'adeguatezza dei parametri in concreto adottati verrà valutata, caso per caso, anche in sede di eventuale pre-filing, tenendo conto delle peculiari caratteristiche dalle singole imprese.
Il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 101573 del 26 maggio 2017 offre molti importanti chiarimenti sulla definizione di rischio fiscale, già definito dalla norma come il rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento. Il Provvedimento n. 101573 fa un nuovo passo in avanti identificando, all'interno della generica categoria del rischio fiscale, due nuovi concetti: (i) il rischio significativo e (ii) il rischio rilevante.
Per "rischio fiscale significativo" – puntualizza il Provvedimento n. 101573 all'art. 1, lettera j) – si intende il rischio fiscale che insiste su fattispecie per le quali, sulla base di una valutazione delle soglie di materialità quantitativa e qualitativa condivisa dal contribuente e dall'Agenzia nel corso dell'incontro di apertura della procedura, si ritengono operanti i doveri di trasparenza e collaborazione previsti dal decreto. A tali fini l'ufficio può tener conto:
- del valore economico delle attività sottostanti;
- della rilevanza delle eventuali violazioni in termini di impatto e responsabilità;
- dei risultati della valutazione, operata dal sistema di controllo interno, sul rischio fiscale inerente;
- della natura ordinaria o straordinaria, in termini di frequenza e valore, delle operazioni e/o delle attività cui le fattispecie si riferiscono o della rilevanza delle medesime ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo.
Sulla base di dette indicazioni, il rischio fiscale assume dunque la qualificazione di "significativo" quando la violazione della norma o del principio tributario (i) è suscettibile di generare una passività potenziale di rilevante ammontare complessivo a ragione degli importi e/o della frequenza dell'operazione da cui può originare, o (ii) assume rilevanza penale, o (iii) determina una significativa lesione reputazionale dell'impresa o (iv) è riferibile all'esecuzione di un'operazione straordinaria o (v) è riferibile ad operazioni intercompany cui si applica la disciplina sui prezzi di trasferimento.
Per ognuna delle ipotesi sopra enumerate, all'avvio del nuovo rapporto segnato dall'ammissione al regime, l'impresa e l'Agenzia delle Entrate stabiliranno di comune accordo delle soglie di materialità che, inevitabilmente, saranno in taluni casi quali-quantitative, in altri solo qualitative.
Le operazioni poste poi in essere dall'impresa che superano le suddette soglie dovranno essere oggetto di una specifica comunicazione nel corso delle interlocuzioni previste dal regime ove ritenute in grado, sulla base di una valutazione oggettiva effettuata dall'impresa stessa, di inficiarne la corretta operatività fiscale, presente o futura, pena l'espulsione dal regime [art. 9, comma 2, lett, c]].
Inoltre, all'art. 3 del Provvedimento n. 101573, viene specificato che il contribuente ammesso al regime si impegna a comunicare, in modo tempestivo ed esauriente (quindi prima delle scadenze dichiarative), le situazioni suscettibili di generare rischi fiscali significativi. Pare dunque inevitabile che la iniziale definizione concordata delle soglie di materialità quali-quantitative delle operazioni suscettibili di generare rischi fiscali significativi sia aggiornata periodicamente.
Per "rischio fiscale rilevante", secondo quanto indicato all'art. 1, lettera k), si intende un rischio la cui mancata individuazione o comunicazione è tale da compromettere l'affidamento dell'ufficio nel sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale. Ne discende che anche la mancata comunicazione del rischio fiscale rilevante all'Agenzia delle Entrate determina l'espulsione dal regime del contribuente inadempiente.
Sulla base delle sole indicazioni fornite dal Provvedimento n. 101573, questo secondo tipo di rischio fiscale potrebbe apparire non facilmente distinguibile rispetto al concetto di rischio fiscale significativo, il cui profilo emerge invece dal documento in modo piuttosto nitido.
Al riguardo deve osservarsi che, in base a quanto disposto dal par. 4.5, le fattispecie che non superano le soglie di materialità concordate (il Provvedimento n. 101573 parla invero in questo caso di "parametri concordati") si intendono escluse dai doveri di comunicazione e i relativi rischi non si considerano significativi. Inoltre, i rischi fiscali relativi a tali fattispecie si considerano comunque comunicati, se ricompresi nella mappa dei rischi. Alla luce, in particolare, di questo passaggio del Provvedimento n. 101573, ed al netto di eventuali ulteriori chiarimenti che sul punto l'Agenzia potrà fornire con successive circolari, sembra dunque potersi intendere che il rischio fiscale rilevante sia quello che, a giudizio dell'Agenzia delle Entrate, pur non essendo qualificabile "significativo", deve comunque essere mappato.
In altri termini, pur partendo dal presupposto che tutti i rischi fiscali debbano essere mappati secondo quanto precisato dalla circolare 38/E (par. 3.4), solo l'eventuale omessa mappatura di rischi considerati "rilevanti" (oltre ovviamente che di quelli "significativi") farebbe scattare il giudizio di inaffidabilità del sistema aziendale di rilevazione misurazione, controllo e gestione del rischio fiscale e dunque l'estromissione dell'impresa dal regime.
d) Monitoraggio
Il sistema deve prevedere efficaci procedure di monitoraggio che, attraverso un ciclo di autoapprendimento, consentano l'individuazione di eventuali carenze o errori nel funzionamento dello stesso e la conseguente attivazione delle necessarie azioni correttive.
Come precisato dalla circolare 38/E dell'Agenzia delle entrate (par. 3.5), "eventuali carenze o errori" nel funzionamento del sistema di controllo del rischio fiscale sono riferibili non alle carenze riscontrate nei controlli posti in essere su rischi già individuati ma, piuttosto, alle carenze relative ai processi di rilevazione dei rischi, rispetto alle quali le azioni correttive poste in essere hanno determinato la rilevazione di rischi precedentemente non mappati.
Gli eventuali rischi rilevati, dopo l'adesione al regime, a seguito dell'attivazione delle citate azioni correttive, dovranno essere comunicati tempestivamente nel corso delle interlocuzioni preventive, vale a dire in tempo utile da consentire all'ufficio competente un'adeguata disamina della fattispecie, prima del compimento delle relative operazioni o comunque prima del decorrere delle relative scadenze fiscali, o al più tardi nel primo aggiornamento utile della mappa dei rischi, da effettuarsi con cadenza almeno annuale.
e) Adattabilità rispetto al contesto interno ed esterno
Il sistema deve adattarsi ai principali cambiamenti che riguardano l'impresa,ivi comprese le modifiche della legislazione fiscale.
f) Relazione agli organi di gestione
Il sistema deve prevedere, con cadenza almeno annuale, l'invio di una relazione agli organi di gestione, per l'esame e le valutazioni conseguenti, contenente gli esiti dell'esame periodico e delle verifiche effettuate sugli adempimenti tributari, le attività pianificate, i risultati connessi e le misure messe in atto per rimediare alle eventuali carenze emerse a seguito di monitoraggio.
A norma del par. 3.4 del Provvedimento n. 54237/2016, il sistema deve basarsi su flussi informativi accurati, completi, tempestivi e facilmente accessibili e garantire la circolazione delle informazioni a tutti i livelli aziendali.
Come già ricordato, a norma dell'art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 128/2015, il tax control framework deve essere integrato all'interno del sistema di controllo interno (SCI) aziendale.
La disposizione, secondo la circolare 38/E dell'Agenzia delle entrate, deve essere letta nel senso che la mappa dei rischi non dovrà contenere l'indicazione analitica dei controlli e dei rischi, rispettivamente posti in essere e individuati nell'ambito dei sistemi approntati ai sensi delle relative normative di settore, per i quali si terrà conto "...degli esiti dell'esame e della valutazione effettuate dagli organi di gestione, sulla base della relazione di cui all'articolo 4, comma 2, delle risultanze delle attività dei soggetti incaricati, presso ciascun contribuente, della revisione contabile, nonché di quella dei loro collegi sindacali e dei pareri degli organismi di vigilanza", ma contenere l'indicazione dei presidi specifici implementati dal sistema di rilevazione, gestione e controllo dei rischi fiscali, sulle fattispecie caratterizzate da maggiore incertezza interpretativa per quanto riguarda gli aspetti fiscali (par. 2.5).
Ciò che emerge dunque dalle indicazioni dell'Agenzia delle Entrate è che il tax control framework dovrà porsi in relazione complementare con le altre funzioni di controllo già previste dallo SCI aziendale, senza ad esse sovrapporsi
3. I doveri dell'impresa ammessa al regime di adempimento collaborativo
Ai sensi dell'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 128/2015, il regime comporta per i contribuenti i seguenti impegni:
a) istituzione e mantenimento del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (tax control framework), e sue eventuali modifiche secondo quanto ritenuto ritenute necessario dall'Agenzia delle entrate. Sul punto è intervenuto il Provvedimento n. 101573 (par. 3.1), precisando che il contribuente ammesso si impegna a mantenere un efficace sistema di controllo interno per tutta la durata del regime, garantendone il costante aggiornamento nonché la capacità di intercettare i rischi derivanti dai cambiamenti che riguardano l'impresa e dalle modifiche normative e di prassi che incidono sulla variabile fiscale, anche tenendo conto
dei consolidati orientamenti giurisprudenziali. Il contribuente ammesso al regime, inoltre, deve impegnarsi a offrire collaborazione all'ufficio competente per l'esecuzione dei controlli sul sistema e a dare attuazione alle modifiche ritenute necessarie all'esito di tali controlli.
b) comportamento collaborativo e trasparente, mediante comunicazione tempestiva ed esauriente all'Agenzia delle entrate dei rischi di natura fiscale e, in particolare, delle operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva. Secondo quanto precisato dal Provvedimento n. 101573 (par. 3.2), il contribuente deve altresì condividere con l'Agenzia delle entrate le informazioni relative al proprio sistema di controllo interno, incluse l'architettura generale, l'implementazione e l'efficacia dello stesso. Ancora il Provvedimento n. 101573 [par. 3.2, lett. d]], ha ulteriormente precisato che i doveri di collaborazione e trasparenza comprendono:
i) la trasmissione, in sede di richiesta di ammissione al regime, della mappa dei
rischi relativi al primo periodo di imposta di applicazione del regime, individuati
dal sistema di controllo interno dal momento della sua implementazione;
ii) la comunicazione, tempestiva ed esauriente, delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali significativi;
iii) la comunicazione, tempestiva ed esauriente, delle operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva, indipendentemente dal superamento delle soglie di materialità del rischio concordate con l'Agenzia;
iv) la comunicazione degli eventuali nuovi rischi individuati dal sistema di controllo interno a seguito dell'attivazione delle procedure di monitoraggio o di
aggiornamento della mappa dei rischi;
v) la comunicazione delle eventuali carenze riscontrate sui rischi già individuati dal
sistema di controllo interno a seguito dell'attivazione delle procedure di monitoraggio;
vi) la comunicazione di eventuali modifiche delle circostanze di fatto o di diritto sulla base delle quali è stata formulata una risposta o assunta una posizione condivisa nel corso delle interlocuzioni preventive.
c) risposta alle richieste della Agenzia delle entrate nel più breve tempo possibile. Sul punto il Provvedimento n. 101573 [par. 3.2, lett. d], vi)], ha ulteriormente precisato che a tale fine l'impresa si impegna a predisporre e a mettere a disposizione dell'ufficio gli elementi informativi richiesti, nonché a consentire ai funzionari dell'Agenzia delle entrate di accedere presso le sedi di svolgimento dell'attività del contribuente o presso qualunque altro luogo di esercizio dell'attività medesima, nei tempi e nei modi con esso concordati, ai fini di acquisire elementi utili per l'istruttoria e, da ultimo, a fornire risposta, tempestiva ed esauriente, alle richieste formulate nell'ambito dell'attività di riscontro sull'operatività del sistema di controllo del rischio fiscale;
d) promozione di una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e l'affidabilità, nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali. A tal fine, il Provvedimento n. 101573 (par. 3.3), ha posto l'obbligo per le imprese di comunicare standard comportamentali coerenti con gli stessi a tutti i livelli aziendali e a diffondere una cultura del controllo che si estenda oltre le relative funzioni aziendali e coinvolga l'intera organizzazione. In tale contesto, gli organi di gestione devono impegnarsi ad attuare e a diffondere un sistema normativo interno in cui l'insieme dei valori, dei principi e degli obiettivi che costituiscono la cultura aziendale venga disciplinato in specifici documenti, quali codici etici, codici di condotta e linee guida comportamentali che tengano conto anche della variabile fiscale.
4. I doveri dell'Agenzia delle entrate nell'ambito del regime di adempimento collaborativo
I doveri dell'Agenzia delle entrate nell'ambito del regime di adempimento collaborativo sono declinati nel Provvedimento n. 101573 (par. 2) come segue:
- Collaborazione, correttezza e trasparenza;
- Certezza preventiva;
- Valutazione del sistema di controllo.
Il Provvedimento n. 101573 statuisce che l'Agenzia delle entrate si impegna a promuovere relazioni con i contribuenti improntate a principi di collaborazione, correttezza e trasparenza. A tali fini l'ufficio competente imposta relazioni basate sulla comprensione delle esigenze commerciali e delle ragioni imprenditoriali sottese alle scelte operate dai contribuenti (business awareness), tiene un comportamento imparziale nella valutazione delle fattispecie, si mostra aperto alle richieste e alle necessità dei contribuenti e reattivo nel fornire le risposte, in uno spirito di collaborazione fattiva. Inoltre, secondo quanto precisato alla lett. b) del par. 2.2 del Provvedimento n. 101573, le informazioni e gli elementi acquisiti nel corso delle interlocuzioni preventive e degli accessi presso la sede del contribuente e, in generale, nel corso dell'attività istruttoria, sono tutelati dal segreto d'ufficio a norma dell'articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e sono trattati adottando le cautele necessarie alla riservatezza dei dati. In aderenza ai doveri di correttezza e trasparenza che animano il regime, l'ufficio competente utilizza le informazioni inerenti i rischi fiscali comunicati dal contribuente, anche in sede di istanza di adesione o raccolte nel corso della procedura, solo ai fini dell'istruttoria per la verifica dei requisiti di ammissibilità e delle attività e dei controlli relativi al regime di adempimento collaborativo, limitatamente ai periodi di imposta per i quali il regime stesso trova applicazione. In ogni caso, gli elementi informativi raccolti nell'ambito dell'istruttoria per la verifica dei requisiti di ammissibilità e nelle attività di riscontro sull'operatività del sistema non costituiscono fonti di innesco per successive attività di controllo relative ad esercizi precedenti all'ingresso al regime, nei confronti del contribuente ammesso o di altre società appartenenti al medesimo gruppo societario. I doveri di correttezza e trasparenza riguardo al trattamento degli elementi informativi acquisiti nel corso della procedura, come appena declinati, restano fermi anche nel caso in cui il processo di verifica dei requisiti di ammissibilità per l'accesso al regime si concluda con esito negativo o il contribuente ammesso venga successivamente escluso ovvero receda dal regime.
Quanto alla certezza preventiva, il Provvedimento n. 101573 impone all'Agenzia delle entrate di impegnarsi a favorire un contesto fiscale di certezza fornendo risposte alle richieste avanzate dai contribuenti nel più breve tempo possibile, con le modalità e gli strumenti indicati dal lo stesso Provvedimento e a improntare la propria azione amministrativa a principi di uniformità e coerenza rispetto a quanto stabilito nell'ambito delle interlocuzioni preventive.
L'ufficio competente effettua le valutazioni secondo principi di oggettività, ragionevolezza e proporzionalità. Le analisi vengono espletate in costante collaborazione con il contribuente al fine di acquisire consapevolezza delle caratteristiche dell'impresa attraverso la comprensione dell'attività svolta nonché del settore in cui essa opera e dei mercati di riferimento (business awareness).
Le posizioni espresse dall'Agenzia delle entrate all'esito delle interlocuzioni costanti e preventive vincolano l'Amministrazione finanziaria e restano valide finché rimangono invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali sono state rese, salvo quanto stabilito dall'articolo 9, comma 1, secondo periodo, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 15 giugno 2016, in materia di interpello abbreviato.
In aderenza ai principi di trasparenza che animano il regime, l'ufficio competente si impegna a pubblicare periodicamente sul sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate l'elenco delle operazioni, delle strutture e degli schemi di pianificazione fiscale aggressiva che violano le disposizioni normative vigenti, comprese quelle anti-abuso.
Per ciò che concerne infine la valutazione del sistema di controllo, il Provvedimento n. 101573, al par. 2.3, stabilisce che, ferma restando la primaria responsabilità del contribuente sullo sviluppo e il mantenimento del sistema di controllo interno, l'Agenzia delle entrate si impegna a comunicare periodicamente i risultati dell'attività di riscontro sull'operatività del sistema da essa svolta e il proprio punto di vista in merito all'architettura e all'efficacia dei controlli, nonché a collaborare fattivamente con il contribuente per l'implementazione degli eventuali interventi ritenuti necessari ai fini della permanenza nel regime.
Nell'ambito della valutazione del sistema di controllo interno del rischio fiscale, l'Agenzia delle entrate si impegna a tenere in debita considerazione gli esiti dell'esame e delle valutazioni effettuate dagli organi di gestione, sulla base della relazione di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto, delle risultanze delle attività dei soggetti incaricati, presso ciascun contribuente, della revisione contabile, nonché di quella dei loro collegi sindacali e dei pareri degli organismi di vigilanza.
L'ufficio competente acquisisce copia dei suddetti documenti nel corso della procedura, dando atto della relativa valutazione nella nota di chiusura della procedura redatta periodicamente. Qualora non condivida, in tutto o in parte, le risultanze e le valutazioni contenute nella documentazione menzionata, l'ufficio motiva le ragioni sottese alla mancata condivisione.
5. Gli effetti del regime di adempimento collaborativo
L'art. 6 del D.Lgs. n. 128/2015 declina gli effetti dell'adesione al regime di adempimento collaborativo come segue:
1. L'adesione al regime comporta la possibilità per i contribuenti di pervenire con l'Agenzia delle entrate a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, attraverso forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità dell'anticipazione del controllo.
2. L'adesione al regime comporta altresì per i contribuenti una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l'interpellante ravvisa rischi fiscali. L'Agenzia delle entrate, entro quindici giorni dal ricevimento, verifica e conferma l'idoneità della domanda presentata, nonché la sufficienza e l'adeguatezza della documentazione prodotta con la domanda. Il termine per la risposta all'interpello è in ogni caso di quarantacinque giorni, decorrenti dal ricevimento della domanda ovvero della documentazione integrativa richiesta, anche se l'Agenzia delle entrate effettua accessi alle sedi dei contribuenti, definendone con loro i tempi, per assumervi elementi informativi utili per la risposta. I contribuenti comunicano all'Agenzia il comportamento effettivamente tenuto, se difforme da quello oggetto della risposta da essa fornita.
3. Per i rischi di natura fiscale comunicati in modo tempestivo ed esauriente all'Agenzia delle entrate prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, se l'Agenzia non condivide la posizione dell'impresa, le sanzioni amministrative applicabili sono ridotte della metà e comunque non possono essere applicate in misura superiore al minimo edittale. La loro riscossione è in ogni caso sospesa fino alla definitività dell'accertamento.
4. In caso di denuncia per reati fiscali, l'Agenzia delle entrate comunica alla Procura della Repubblica se il contribuente abbia aderito al regime di adempimento collaborativo, fornendo, se richiesta, ogni utile informazione in ordine al controllo del rischio fiscale e all'attribuzione di ruoli e responsabilità previsti dal sistema adottato.
5. Il contribuente che aderisce al regime è inserito nel relativo elenco pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate.
6. I contribuenti che aderiscono al regime non sono tenuti a prestare garanzia per il pagamento dei rimborsi delle imposte, sia dirette sia indirette.
Di fatto anche per effetto dei successivi chiarimenti forniti con la già più volte ricordata circolare 38/E e con i due provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate (nn. 54237 del 14 aprile 2016 e 101573 del 26 maggio 2017), i vantaggi conseguibili dall'impresa che aderisca al regime di adempimento collaborativo possono essere meglio declinati come segue:
No surprise approach: le tematiche fiscali d'impresa vengono discusse preventivamente con funzionari dell'Agenzia delle entrate appartenenti ad unità specializzate. Nella fase di prima applicazione, la competenza è concentrata nell'Ufficio Cooperative compliance della Direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate. A partire dal 2020 e, comunque, dal momento in cui la platea dei soggetti ammissibili verrà estesa, saranno allestite unità a livello regionale.
La discussione preventiva delle tematiche relative ai rischi fiscali d'impresa pone al riparo da possibili contestazioni a posteriori.
Fairness first: le conseguenti decisioni finalizzate alla redazione corretta delle dichiarazioni fiscali sono assunte di comune accordo sulla base di una discussione condotta su un piano di parità delle posizioni ed alla stregua di criteri di obiettività ed imparzialità.
Tax audit shelter: la definizione preventiva del trattamento da riservare alle tematiche fiscali suscettibili di sollevare dubbi consente di acquisire certezza di comportamenti e di poter dunque pianificare più consapevolmente l'impiego delle risorse finanziare e gli investimenti dell'impresa.
Early certainty: oggetto della discussione sono le tematiche fiscali d'impresa attuali, per le quali è necessario decidere quale sia il trattamento corretto. Viene dunque definitivamente archiviata la tradizionale tecnica della verifica sui pregressi periodi d'imposta, immancabilmente foriera di contestazioni e contenzioso e generatrice dei correlati costi di gestione. E' inoltre prevista la possibilità, per il contribuente, di ottenere dall'Agenzia delle entrate risposte a riguardo di casi dubbi in tempi celeri e anche al di fuori del ricorso alla procedura di interpello abbreviato (vedi infra).
Esclusiva competenza dell'Agenzia delle entrate: le imprese ammesse al regime di adempimento collaborativo sono sottoposte all'esclusiva vigilanza fiscale dell'Agenzia delle entrate. Nei loro confronti la Guardia di finanza non può eseguire controlli e verifiche tributarie (art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 128/2015).
La competenza dell'Ufficio Cooperative compliance comprende:
- la gestione delle attività e i controlli, ivi inclusa la ricezione e la trattazione delle istanze per l'interpello abbreviato e la stipula degli accordi di "adempimento collaborativo";
- la verifica dell'assenza di mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini delle risposte rese o degli accordi sottoscritti nonché la corretta applicazione delle indicazioni date nelle risposte o il rispetto dei termini degli accordi;
- la ricezione e la trattazione delle istanze per l'interpello sui nuovi investimenti di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, presentate dai contribuenti ammessi al regime di adempimento collaborativo;
- la verifica della corretta applicazione dei pareri resi ove il contribuente che ha presentato istanza per l'interpello nuovi investimenti abbia successivamente chiesto di accedere al regime dell'adempimento collaborativo ai sensi dell'articolo 2, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
Eliminazione del rischio di sanzioni penali: l'implementazione del sistema di controllo del rischio fiscale necessario per l'accesso al regime e la sua validazione da parte dell'Agenzia delle entrate rendono impossibile la configurazione del dolo specifico di evasione, elemento costitutivo delle più gravi fattispecie di reato previste dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, costituendosi con ciò ostacolo, solo eccezionalmente superabile, alla perseguibilità penale di eventuali violazioni contestate.
Preventivo accordo scritto e vincolante con l'Agenzia delle entrate sulle operazioni di maggior rilievo: l'accesso al regime di adempimento collaborativo offre la possibilità di sottoscrivere con l'Agenzia delle entrate accordi preventivi e vincolanti per entrambe le parti ai fini della definizione del trattamento fiscale delle operazioni straordinarie e di quelle a rilevanza strategica.
Sospensione della riscossione delle sanzioni amministrative fino a definizione del contesto: nel caso di accertamenti fiscali, la riscossione delle sanzioni irrogate nei termini sopra indicati non può comunque avere luogo prima della definizione del contesto in sede amministrativa o contenziosa.
Rimozione dell'obbligo di prestare garanzie: i contribuenti che aderiscono al regime non sono tenuti a prestare garanzia per il pagamento dei rimborsi delle imposte, sia dirette sia indirette.
Riduzione delle sanzioni in caso di contestazioni: qualora nel corso dei confronti periodici con l'Agenzia emergessero posizioni non condivise e venissero dunque assunte decisioni oggetto di successive contestazione da parte della stessa Agenzia, le sanzioni applicabili sarebbero ridotte del 50% e non potrebbero in ogni caso superare la misura minima prevista dalla legge.
Interpelli abbreviati: indipendentemente dai costanti momenti di confronto con i funzionari specializzati, l'impresa può sempre accedere alla procedura di interpello preventivo abbreviato, stabilita con d.m. 15 giugno 2016, per ottenere, entro 45 giorni, una risposta in merito all'applicazione delle disposizioni tributarie a fattispecie concrete in relazione alle quali ravvisa rischi fiscali.
Reputation enhancement: le generalità delle imprese che aderiscono al regime sono inserite nel relativo elenco pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate.
6. Le modalità di interlocuzione in concreto
Il nuovo modello di relazioni tra amministrazione fiscale e grandi imprese nell'ambito del regime di adempimento collaborativo prevede una interlocuzione costante articolata, su base annua, (i) in un momento iniziale (entro i primi novanta giorni del periodo d'imposta), (ii) in diversi momenti di interazione nel corso dell'anno e (iii) in un momento conclusivo.
Il momento iniziale
In proposito, il par. 4 del Provvedimento n. 101573 stabilisce che, in sede di prima applicazione del regime, dopo l'ammissione allo stesso, l'ufficio invita l'impresa a comparire, per mezzo del legale rappresentante ovvero di un procuratore, per effettuare l'incontro di apertura della procedura di adempimento collaborativo. Al fine di favorire l'instaurazione di un effettivo e continuo dialogo tra contribuente e ufficio, quest'ultimo assegna al contribuente almeno due funzionari di riferimento. Il contribuente indica uno o più referenti incaricati di gestire l'interazione con l'ufficio nel corso della procedura. Negli esercizi successivi a quello di prima ammissione, l'incontro di apertura viene svolto entro novanta giorni dall'inizio del periodo di imposta. Nel pieno rispetto delle finalità e dei principi cui è improntato il regime, nell'incontro di apertura o in un altro incontro successivo, il contribuente e l'ufficio concordano le soglie di materialità quantitativa e qualitativa delle fattispecie in ordine alle quali si intendono operanti i doveri di collaborazione e trasparenza. Nell'identificazione delle soglie di materialità si tiene in debita considerazione anche il settore in cui opera il contribuente. Le fattispecie che non rientrano nei parametri concordati si intendono escluse dai doveri di comunicazione e i relativi rischi non si considerano significativi. Per gli effetti di cui all'articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 128/2015, i rischi fiscali relativi a tali fattispecie si considerano comunque comunicati, se ricompresi nella mappa dei rischi.
Interlocuzione in corso d'anno
Nel corso della procedura il contribuente, attenendosi ai doveri di comunicazione, comunica all'ufficio, a mezzo posta elettronica certificata, le situazioni suscettibili di generare rischi fiscali significativi e le operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva.
È fatta salva la possibilità per il contribuente di comunicare ulteriori situazioni che egli ritenga incerte, controverse o, comunque, fonte di rischio fiscale potenzialmente significativo anche se non rientranti tra le fattispecie per le quali è stato convenuto l'obbligo di comunicazione.
A prescindere dalle soglie di materialità concordate inizialmente per la comunicazione dei rischi fiscali significativi, l'ufficio effettua, in contraddittorio con il contribuente, approfondimenti istruttori di iniziativa, anche mediante l'implementazione di specifici controlli, ai fini di una comune valutazione dei relativi rischi fiscali. Le modalità di attuazione di detti controlli sono declinate al par. 11 del Provvedimento n. 101573, nel cui ambito viene in particolare previsto che per garantire lo svolgimento dei controlli e delle attività relative al regime, all'ufficio Cooperative compliance è attribuita la competenza in via esclusiva per l'esercizio in via anticipata, anche su iniziativa, degli ordinari poteri di controllo, nell'ambito dell'interlocuzione costante e preventiva. A tali fini l'ufficio Cooperative compliance, laddove ne ravvisi la necessità e nell'ambito delle attribuzioni riconosciute ad esso dalla legge, acquisisce elementi informativi utili per la risposta o effettua riscontri di fatto su fattispecie comunicate dal contribuente, anche mediante accessi presso le sedi di svolgimento dell'attività del contribuente o presso qualunque altro luogo di esercizio dell'attività medesima, nei tempi e nei modi con esso concordati. Come traspare chiaramente dalla lettera del Provvedimento, l'attività ispettiva non è caratterizzata dall'ordinario stilema della sorpresa. L'Ufficio Cooperative compliance esegue controlli in loco anche allo scopo di verificare l'operatività del sistema di controllo interno istituito dai contribuenti ammessi al regime. Inoltre, onde evitare reiterazioni di accessi e di richieste rivolte al contribuente e garantire uniformità di indirizzo strategico e operativo, la Direzione Centrale Accertamento svolge una funzione di monitoraggio delle attività espletate dalle articolazioni territoriali competenti per il controllo delle dichiarazioni presentate in relazione ai periodi di imposta antecedenti all'ingresso al regime. A tali fini le articolazioni territoriali competenti informano preventivamente l'ufficio Cooperative compliance dell'intenzione di attivare un controllo nei confronti del contribuente o di inserire il contribuente nel piano annuale dei controlli e lo interpellano per il necessario coordinamento, prima di redigere un processo verbale di constatazione o altro atto a contenuto impositivo o sanzionatorio(par. 11.2).
Di ogni attività svolta in contraddittorio nell'ambito del regime di adempimento collaborativo è redatto processo verbale, copia del quale è rilasciata al contribuente.
Secondo quanto stabilito poi dal par. 5 del Provvedimento n. 101573, fatta salva la facoltà del contribuente di presentare istanza di interpello abbreviato, per ottenere una risposta in merito all'applicazione delle disposizioni tributarie a fattispecie concrete in relazione alle quali ravvisa rischi fiscali, la posizione dell'ufficio sui rischi fiscali comunicati è formalizzata, nel corso della procedura, mediante pareri motivati o altri strumenti idonei a garantire certezza preventiva sulle fattispecie esaminate.
La posizione dell'ufficio assunta invece a seguito degli approfondimenti di iniziativa è comunicata al contribuente mediante processo verbale.
Le risposte, scritte e motivate, fornite dall'ufficio a fronte dei quesiti formulati dalle imprese nel corso della ordinaria interazione e fuori dalla procedura di interpello abbreviato, sono notificate o comunicate al contribuente mediante posta elettronica certificata, servizio postale a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ovvero in mani proprie, con le modalità di cui all'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Se la questione o il complesso di questioni sottoposte all'attenzione dell'ufficio o approfonditi mediante controlli di iniziativa attengono al trattamento fiscale di operazioni o complesso di operazioni, anche di natura straordinaria, ritenute strategiche dall'impresa l'ufficio, effettuati i necessari approfondimenti, invita il contribuente al contradditorio al fine di pervenire ad una comune valutazione della fattispecie da formalizzare in un documento, sottoscritto dall'ufficio stesso e dal contribuente, denominato "accordo di adempimento collaborativo". Il contenuto dell'accordo vincola le parti per il periodo di imposta nel corso del quale è stata definita la soluzione condivisa e per i periodi di imposta successivi, salvo mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini della comune valutazione.
Ove l'esecuzione degli approfondimenti preliminari alla sottoscrizione di un "accordo di adempimento collaborativo" ovvero degli altri approfondimenti eseguiti a seguito di controlli di iniziativa, richieda accertamenti tecnici di particolare complessità, la trattazione degli stessi e la sottoscrizione dell'eventuale relativo accordo, può essere rinviata, d'intesa tra le parti, al periodo di imposta successivo. Di tale circostanza viene dato atto in una "nota di chiusura della procedura".
Il momento conclusivo
Il par. 6 del Provvedimento 101573 detta disposizioni specifiche per la conclusione della procedura annuale di interlocuzione, stabilendo che, con cadenza almeno annuale e comunque entro il termine di presentazione delle relative dichiarazioni fiscali, i rappresentanti del contribuente e dell'ufficio effettuano l'incontro di chiusura della procedura nel corso del quale:
a) riepilogano e danno atto di tutte le posizioni assunte nel corso della procedura attraverso gli strumenti di cui al punto 5 sulle fattispecie comunicate dal contribuente o approfondite su iniziativa dell'ufficio, esplicitando per ogni fattispecie se:
- il contribuente condivide la posizione dell'ufficio ovvero su di essa si è formato un "accordo di adempimento collaborativo";
- il contribuente non condivide la posizione dell'ufficio. Le posizioni non condivise si considerano "posizioni sospese";
b) si aggiornano sugli esiti dei riscontri sull'operatività del sistema di controllo svolti dall'ufficio;
c) riepilogano le fattispecie per le quali si è inteso rinviare i relativi approfondimenti all'esercizio successivo. Le relative posizioni si considerano "posizioni rinviate". L'eventuale difformità tra la posizione assunta dall'ufficio all'esito dei suddetti approfondimenti e il comportamento medio tempore tenuto dal contribuente non dà luogo, in ogni caso, all'applicazione di sanzioni amministrative.
Il contenuto dell'incontro di riepilogo annuale è verbalizzato e sottoscritto dai rappresentanti del contribuente e dell'ufficio nella "nota di chiusura della procedura", copia della quale viene rilasciata al contribuente.
Nel più breve tempo possibile, l'ufficio e il contribuente procedono al riesame, in contraddittorio, delle posizioni sospese, finalizzato a pervenire ad una comune valutazione delle stesse in ottica deflattiva del contenzioso. Laddove il suddetto riesame dia esito negativo, l'ufficio invia il processo verbale che riassume le posizioni sospese alle articolazioni territoriali competenti per la conseguente attività di accertamento.
7. Uscita dal regime di adempimento collaborativo
Un'impresa ammessa al regime di adempimento collaborativo può uscirne:
- volontariamente;
- in base a motivato provvedimento di espulsione adottato dall'Agenzia delle entrate.
La prima delle ipotesi sopra elencate è disciplinata dal par. 9.8 del Provvedimento n. 101573 del direttore dell'Agenzia delle entrate che, al riguardo, stabilisce che il contribuente può comunicare a mezzo lettera raccomandata ovvero telematicamente, attraverso posta elettronica certificata, in qualunque momento, la volontà di non permanere nel regime. Ricevuta la comunicazione l'ufficio emette il provvedimento di esclusione dal regime e ne dà comunicazione al contribuente. L'uscita dal regime ha effetto a partire dalla data di consegna o notifica del provvedimento di esclusione. Sono comunque fatti salvi gli effetti delle risposte già fornite o degli accordi sottoscritti.
La seconda delle ipotesi sopra elencate è disciplinata dalle rimanenti disposizioni contenute nel par. 9 del Provvedimento n. 101573 del direttore dell'Agenzia delle entrate che al riguardo stabilisce quanto segue.
L'ufficio, con provvedimento motivato, può dichiarare l'esclusione dei soggetti, precedentemente ammessi, dal regime di adempimento collaborativo, per la perdita dei requisiti ovvero per l'inosservanza degli impegni assunti con l'ingresso nel regime.
Costituiscono cause di esclusione dal regime di adempimento collaborativo:
a) il conseguimento, per tre esercizi consecutivi, di volumi di affari o di ricavi significativamente inferiori ai limiti dimensionali stabiliti, sempre che tale evento non dipenda da fattori di mercato, esogeni all'impresa e da essa non controllabili, valutati dall'ufficio come non significativi ai fini della perdita dei requisiti di permanenza nel regime. In ogni caso non si tiene conto della perdita dei requisiti dimensionali derivanti da operazioni di aggregazione o disaggregazione aziendale infragruppo;
b) la mancata comunicazione o individuazione di un rischio fiscale rilevante;
c) la presenza di uno o più episodi gravi di mancata collaborazione o trasparenza, ivi inclusa la mancata rappresentazione di rischi fiscali significativi e di operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva ovvero la mancata rappresentazione o la rappresentazione non veritiera di circostanze di fatto rilevanti ai fini dell'istruttoria i quali, apprezzati complessivamente, determinino il venir meno del rapporto di fiducia alla base del regime.
Costituisce altresì causa di esclusione dal regime la condanna, con sentenza passata in giudicato, di amministratori, dirigenti o firmatari delle dichiarazioni fiscali dei soggetti ammessi al regime, per i reati di cui agli articoli 2, 3, 8 e 11 del decreto legislativo del 10 marzo 2000 n. 74, per fatti avvenuti in vigenza del regime di adempimento collaborativo.
L'ufficio, con atto motivato da inoltrare con lettera raccomandata, ovvero telematicamente, attraverso posta elettronica certificata, dà comunicazione al soggetto delle ipotesi di esclusione di cui al precedente punto, invitandolo a far pervenire, entro 60 giorni dalla data della comunicazione, eventuali memorie a difesa del proprio operato.
Qualora l'ufficio valuti inidonee le memorie presentate, ovvero il soggetto non le abbia presentate entro il termine previsto, emette il provvedimento di esclusione dal regime di adempimento collaborativo e ne dà comunicazione al contribuente con lettera raccomandata, ovvero telematicamente, attraverso posta elettronica certificata ovvero ancora mediante consegna a mani proprie, con le modalità di cui all'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
L'esclusione dei soggetti dal regime ha effetto dalla data di consegna o notifica del provvedimento di esclusione. Da tale data le istruttorie in corso relativamente ai rischi fiscali comunicati dal contribuente si considerano improcedibili e gli eventuali interpelli abbreviati presentati inammissibili. Sono comunque fatti salvi gli effetti delle risposte già fornite o degli accordi sottoscritti salvo che gli episodi gravi di mancata collaborazione o trasparenza che hanno determinato l'esclusione del contribuente dal regime non si riferiscano a comportamenti tenuti o fatti accaduti nel corso delle relative istruttorie. In tal caso l'ufficio ne dà comunicazione all'impresa, invitandolo a far pervenire, entro 60 giorni dalla data della comunicazione, eventuali memorie a difesa del proprio operato.