Anzitutto, l’esperienza insegna che il tempo richiesto da un lavoro di allestimento ed innesto del tax control framework al’interno del sistema dei controlli interni d’impresa non è breve e va misurato in termini di mesi. Ciò per la ragione che secondo la filosofia Dianomos (autorevolmente sostenuta sia dall’OCSE che dall’Agenzia delle entrate) non esiste un unico modello standard di gestione del rischio fiscale valido per tutte le realtà e dunque ogni tax control framework deve essere “cucito” addosso alla specifica realtà aziendale. Ciò richiede un adeguato lavoro di approfondimento ed analisi da svolgersi con il supporto delle funzioni aziendali di riferimento e del top management. La stessa mappatura esaustiva dei rischi esige un’accurata analisi dell’intera operatività d’impresa. Occorre poi tenere conto del fatto che una volta posto in opera, il tax control framework necessita comunque di un periodo di test di alcuni mesi nel corso dei quali procedere al suo fine tuning. Da ultimo, una volta correttamente impiantato e testato il sistema di identificazione, misurazione, controllo e gestione del rischio fiscale, deve ancora darsi del tempo per preparare adeguatamente il dossier da presentare all’Agenzia delle entrate in sede di domanda di ammissione al regime di adempimento collaborativo. È dunque fortemente consigliabile avviare i lavori di impianto del tax control framework 18-24 mesi prima della data in cui si è programmato l’accesso al regime di adempimento collaborativo.
Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 101573 del 26 maggio 2017 ha chiarito che le informazioni e gli elementi acquisiti nel corso delle interlocuzioni preventive e degli accessi presso la sede del contribuente e, in generale, nel corso dell’attività istruttoria, sono tutelate dal segreto d’ufficio a norma dell’articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell’articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con ciò fornendo le necessarie rassicurazioni sul fatto che un primo importante presidio sulla riservatezza delle informazioni trasmesse dall’impresa all’Agenzia delle entrate è garantito, verso l’esterno, dall’applicabilità delle sanzioni di cui all’art. 326 del codice penale nei confronti dei funzionari e dei dirigenti dell’amministrazione che dovessero dolosamente o colposamente farle trapelare al di fuori dell’Agenzia
Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 101573 del 26 maggio 2017 ha stabilito che l’ufficio competente utilizza le informazioni inerenti i rischi fiscali comunicati dal contribuente, anche in sede di istanza di adesione al regime o raccolte nel corso della procedura, solo ai fini dell’istruttoria per la verifica dei requisiti di ammissibilità e delle attività e dei controlli relativi al regime di adempimento collaborativo, limitatamente ai periodi di imposta per i quali il regime stesso trova applicazione. Inoltre, gli elementi informativi raccolti nell’ambito dell’istruttoria per la verifica dei requisiti di ammissibilità, così come quelli acquisiti nelle attività di riscontro sull’operatività del sistema, non costituiscono fonti di innesco per successive attività di controllo relative ad esercizi precedenti all’ingresso al regime, sia nei confronti del contribuente ammesso, sia di altre società appartenenti al medesimo gruppo societario.
Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 101573 del 26 maggio 2017 stabilisce che i medesimi divieti di utilizzo disciplinati in precedenza citati, restano fermi anche nel caso in cui il processo di verifica dei requisiti di ammissibilità per l’accesso al regime si concluda con esito negativo o il contribuente ammesso venga successivamente escluso ovvero receda dal regime.
È un documento scritto e firmato dagli amministratori di vertice della società contenente un piano di azione di lungo periodo che, sia a livello strategico sia a livello operativo, definisce gli obiettivi della società nella gestione della variabile fiscale.
Secondo l’OCSE la strategia fiscale deve riflettere innanzitutto la propensione al rischio fiscale dell’impresa ovvero il livello di rischio (fiscale) che il contribuente intende assumere per il perseguimento dei suoi obiettivi strategici, che si manifesta nella sua disponibilità ad adottare comportamenti che potrebbero comportare contestazioni di natura fiscale.
La strategia fiscale dovrebbe includere i percorsi operativi da seguire al fine di posizionare la società sui livelli di rischio prescelti. Ad esempio, la descrizione dei meccanismi di incentivazione concessi ai manager di vertice rispetto alla variabile fiscale, l’adozione di procedure dettagliate a presidio dei rischi fiscali con l’individuazione di ruoli e responsabilità e, ovviamente, l’approccio nei confronti dell’Amministrazione finanziaria (impegno alla trasparenza, utilizzo di strumenti quali ruling, interpelli, predisposizione di oneri documentali in materia di prezzi di trasferimento).
Una volta ammessi al regime, la sua permanenza in esso si rinnova tacitamente di anno in anno. L’impresa che desiderasse uscire dal regime di adempimento collaborativo deve farlo presente formalmente all’Agenzia delle entrate con comunicazione scritta.
Ai fini dell’adesione al regime non è necessario aver completato l’investimento, ma è sufficiente aver intenzione di dare esecuzione allo stesso secondo le indicazioni contenute nella risposta fornita dall’Agenzia delle entrate a seguito di interpello. Ai sensi del punto 2.3 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 20 maggio 2016, l’ufficio Cooperative compliance è competente alla verifica della corretta applicazione dei pareri resi in sede di interpello. In particolare, nel corso di tale istruttoria, l’ufficio verificherà che l’investimento venga realizzato e che la risposta all’interpello venga rispettata. Gli esiti di tale verifica saranno valutati anche ai fini della permanenza nel regime.
Per “funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale” si intende la sussistenza di una relazione organizzativa in forza della quale un soggetto ha il potere di emanare direttive in ordine alle linee di indirizzo del sistema di controllo interno, verificando che esso sia coerente con gli indirizzi strategici e la propensione al rischio dell’impresa, e coordinare l’attuazione delle citate direttive.
Tale facoltà possa essere esercitata anche dai soggetti che accedono al regime mediante la procedura dell'interpello sui nuovi investimenti, qualora la richiesta di ingresso per trascinamento riguardi un soggetto residente ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di un soggetto non residente e risponda all’esigenza, declinata al punto 2.5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 54237 del 14 aprile 2016, di fornire all’amministrazione finanziaria un sistema di controllo del rischio fiscale idoneo al conseguimento delle finalità di cui all’articolo 3, comma 1, del D.lgs. n. 128/2015.